LA IV TRIENNALE DI MONZA

Siamo nel 1930 e Osvaldo Borsani, non ancora ventenne e studente di architettura, progetta la partecipazione dell’azienda di famiglia alla IV Triennale di Monza. Si tratta di due sale in cui il giovane dichiara esplicitamente il suo amore per le geometrie pulite, per la semplificazione delle forme e, più in generale, per gli stilemi razionalisti. L’Atelier di Varedo si presenta su questo palcoscenico internazionale con ambienti severi, dove le sagome squadrate e ad angolo acuto rivelano un DNA novecentista ma già convertito all’essenzialità razionalista. L’Atelier presenta un campionario di arredi, perlopiù cassettoni e contenitori modulari, che consentono diverse soluzioni aggregative e funzionali. Di particolare interesse è la poltroncina che anticipa un certo gusto destinato ad affermarsi in modo deciso negli anni a venire. Ma l’aspetto più sorprendente di questi due ambienti creati per l’esposizione di Monza è la padronanza del linguaggio che Borsani dimostra: segno che il suo apporto all’azienda di famiglia era molto più decisivo di quanto si potesse attendere dai suoi giovani 19 anni.